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Gli ultimi messaggi del Forum

Scipione Gonzaga - Luca Sarzi Amadè

Come era d´uso in tutte le grandi dinastie gli incarichi per la numerosa figliolanza, prima quella legittima e poi quella illegittima, erano predeterminati; in particolare si cercava di avere qualcuno che contava anche nel clero e così, accanto ai principi di ogni signoria, era d´uopo aspirare ad avere un principe della Chiesa. I Gonzaga, una famiglia che ha dominato per lungo tempo, diede i natali, se la memoria non m´inganna, a dodici vescovi e a dieci cardinali, non facendosi mancare anche un santo, che se non aveva poteri terreni, diventava oggetto di culto e infatti ebbe San Luigi.
Nell´ambito di questi incarichi di potere il più famoso fu indubbiamente il Cardinale Ercole, tanto per intenderci si tratta di colui che presiedette il famoso Concilio di Trento, quello indetto per contrastare la Riforma luterana e per questo definito il Concilio della Controriforma. Inoltre, dopo la morte del nipote Francesco III, fu reggente del Ducato di Mantova, occupandosi anche dell´educazione dei parenti giovani, fra i quali ci fu un certo Scipione Gonzaga, nato a Mantova l´11 novembre 1542, e deceduto poi a San Martino dall´Argine il 11 gennaio 1593, figlio secondogenito di Carlo Gonzaga ed Emilia Cauzzi, e pertanto destinato alla carriera ecclesiastica. Il giovinetto dimostrò una buona vocazione religiosa e un interessamento particolare allo studio, tanto che frequentò l´Università di Padova, laureandosi in filosofia e teologia. Il cardinale Ercole apprezzò molto la dedizione e l´intelligenza del nipote, al punto da portarlo con sé a Trento ove si teneva il famoso Concilio e dove nel 1563 l´alto prelato morì. Pur venendogli a mancare la solida sponda dello zio, Scipione diventò principe di Bozzolo nel 1568, brigando non poco per difendere la posizione dai parenti che ambivano il possesso del suo piccolo dominio. L´uomo era indubbiamente intelligente, preparato e volitivo, per cui riuscì a farsi largo per ritagliarsi, più che una fetta di celebrità, un po´ di quel potere che il nome della sua famiglia evocava, così che nel 1587 divenne Cardinale e governò il Monferrato dal 1590. Fu indubbiamente un personaggio, non certo minore, della casata e i traguardi raggiunti lo dimostrano, ma è giusto ricordarlo anche per le sue passioni per la musica, per la poesia e per le collezioni d´arte; di certo non ebbe vita tranquilla, perché cercare un posto al sole voleva dire mettersi in concorrenza con altri e Scipione di nemici se ne fece non pochi.
Luca Sarzi Amadè, sulla base anche dell´autobiografia scritta dall´interessato cinque anni prima della sua morte, narra con questo suo libro la vita di un uomo che non si accontentò di essere una comparsa, ma che ambì, riuscendovi, a raggiungere traguardi prestigiosi. Lo fa con quella meticolosità che gli è propria, curando molto il contesto, onde meglio comprendere i comportamenti del protagonista, con correlazioni a volte forse eccessive, in una profusione di fatti, di personaggi, di costumi che se da un lato stupisce e affascina, dall´altro rischia di far confondere il lettore. Questo è l´unico appunto che ritengo di fare all´opera che peraltro è di notevole interesse per comprendere anche gli eventi salienti di un´epoca, quella della seconda metà del XVI secolo, quella della Riforma e della Controriforma, delle guerre di religione, della Santa Inquisizione, quella della fine di quel meraviglioso periodo culturale che risponde al nome di Rinascimento.

Bombardate Roma! - Mimmo Franzinelli

Nel gennaio del 1954 non avevo ancora sette anni e quindi ero troppo piccolo per seguire la politica nazionale e i maggiori eventi; in seguito, però, già a partire dagli inizi degli anni `60, ho saputo di questo fatto eclatante, nato con la pubblicazione sul settimanale satirico "Candido" appunto del gennaio del 1954 di due lettere risalenti al gennaio di dieci anni prima, firmate da Alcide De Gasperi, e con le quali si esortava gli angloamericani a bombardare Roma, con il preciso scopo di provocare l´insurrezione del popolo insieme ai gruppi di patrioti. Si può ben comprendere la potenza distruttiva di una simile notizia, considerato che Alcide De Gasperi era all´epoca eminente esponente della Democrazia Cristiana ed ex Presidente del Consiglio. Ne nacque una polemica furibonda, che interessò anche altri giornali; alla base c´era una domanda, alla quale nessuno sembrava in grado di rispondere, e cioè se effettivamente De Gasperi avesse sottoscritto quelle lettere.
Apparve del tutto logica la querela sporta da De Gasperi, che negò decisamente di averle scritte e sottoscritte, e a decidere fu chiamato il Tribunale di Roma, il quale sentenziò che si trattava di un falso e senza necessità di ricorrere a una perizia grafologica, sulla base di elementi di certezza che non la rendevano necessaria. In particolare non si riusciva a capire come lettere inviate agli alleati, a uno in particolare che non aveva titoli per riceverle, fossero finite nelle mani di terzi. Con il tempo venne evidenziandosi un intricato complotto che aveva prodotto i falsi con l´evidente scopo di creare una gravissima crisi istituzionale, una sorta di colpo di stato, dietro il quale stavano esponenti dell´estrema destra fascista.
La vicenda è intricata, ma Mimmo Franzinelli si destreggia molto bene riuscendo a parlarne approfonditamente e in modo chiaro sulla base, come di consueto, di solida documentazione. Fra l´altro allega al suo libro una perizia della grafologa giudiziaria Nicole Ciccolo, dalla quale emerge in modo inoppugnabile la falsità totale delle sottoscrizioni. Come sempre in Italia, dove entra la politica, i responsabili, gli autentici mestatori, non ebbero a patire conseguenze. Ben diversa fu la situazione per il querelato Giovannino Guareschi. Infatti, il celebre autore della serie di Don Camillo, riconosciuto colpevole di diffamazione, venne condannato con sentenza del 15 giugno 1954 per il reato di diffamazione a mezzo stampa e scontò la pena inflitta (dodici mesi di reclusione più più altri otto di una precedente condanna con la condizionale di quattro anni prima per vilipendio del Presidente della Repubblica) nel carcere di Parma, essendosi rifiutato di interporre appello, convinto della propria innocenza; ritornò poi in libertà molto cambiato, per non dire distrutto, e non andò meglio al querelante Alcide De Gasperi, provato notevolmente per l´accusa infamante tanto che si ammalò e morì il 19 agosto del 1954.
Da leggere, perché è veramente interessante.

Non lasciarmi - Kazuo Ishiguro

“NON LASCIARMI”
titolo originale “Never let me go”
©2005 Kazuo Ishiguro
traduzione di Paola Novarese
edizione ©Giulio Einaudi

Tre ragazzi, Ruth, Kathy e Tommy, legati da una profonda amicizia, vivono in un collegio ad Hailsham, nella campagna inglese insieme ad altri studenti, dalla fine degli anni ‘90 .
Nessuno di loro (come anche tutti gli altri ospiti) è orfano e nessuno è stato abbandonato.
Sono seguiti da tutori che insegnano loro le varie discipline scolastiche, le arti e lo sport. Crescendo, anche l'educazione sessuale. Quest'ultima spiegata da miss Emily come se si trattasse di geografia. Tutti gli studenti sono sterili.
La trama ruota intorno allo scopo per cui tutti i ragazzi si trovano ad Hailsham, un fine utopistico e sconvolgente per i lettori, anche se non lo è per i personaggi che sembrano accettare il loro destini, cercando, solo in qualche caso, di prorogarlo.

Si presenta diviso in tre parti e 23 capitoli.
Il narratore è Kathy, una dei tre protagonisti, che parla in prima persona e spesso si rivolge direttamente ai lettori; la narrazione è fatta di molti flashback.
Nonostante i cambi temporali la lettura risulta scorrevole e piacevole.
La trama mantiene alta la concentrazione fino alla fine.

Un romanzo che non lascia indifferenti ma soprattutto penetra fino nel profondo dell'anima con la sapienza di Kazuo Ishiguro che ha sviluppato con delicatezza una tematica così singolare e sconvolgente, un'amicizia profonda e una grande storia d'amore.

Imperium - Robert Harris

Robert Harris ha scritto una biografia romanzata di Marco Tullio Cicerone in ben tre volumi, di cui il primo è Imperium (gli altri sono Conspirata e Dictator), avendo l’accortezza di farla apparire come il memoriale del suo segretario Tirone, sopravvissuto alla purga di Antonio non figurando nella lista dei proscritti, e deceduto a quanto pare in età molto avanzata, intorno ai cento anni; dapprima schiavo e poi liberto, ricordato anche per aver inventato la stenografia, Tirone racconta in prima persona contribuendo a una parvenza di verità, anche perché si basa su quanto ci è dato di conoscere dalle fonti, e inizia non tanto dalla nascita di Cicerone, ma del sorgere della sua vocazione per l’ars oratoria, di cui diventò senz’altro il migliore. La prima parte di Imperium (all’incirca 170 pagine) è dedicata alla famosa causa contro il governatore della Sicilia Gaio Licinio Verre che tiranneggiò l’isola nel triennio 73-71 a C., arricchendosi cospicuamente con i reati di corruzione, concussione e abuso di autorità. Nel libro è possibile apprezzare l’intuito giuridico e politico di Cicerone che, sovvertendo ogni pronostico e nonostante tutte le difficoltà e gli strumenti non solo legali che gli vennero opposti, colse una vittoria piena, costringendo l’imputato alla fuga e all’esilio. Grazie al successo contro il difensore di Verre, l’abile Quinto Ortensio Ortalo, all’epoca considerato il miglior legale esistente nell’impero romano, divenne lui il nuovo principe del Foro. Stranamente la realtà fatta di intrighi e di corruzione, di continua lotta per accrescere il potere e per difenderlo ha più di una rassomiglianza con il mondo attuale, segno che nei secoli vi è ben poca traccia dell’evoluzione umana. Nella seconda parte si parla del crescente successo politico di Cicerone che, fra Crasso e Pompeo, decise infine di parteggiare per quest’ultimo, trovando la soluzione legale affinché si potesse realizzare il proposito di accentrare nelle sue mani e nella sua unica persona il comando di tutte le operazioni per debellare i pirati che avevano attaccato il porto di Ostia, distruggendo diverse navi all’ancora della flotta militare. La presenza di questi banditi del mare era indubbiamente tale da creare pericoli, ma questi furono ingigantiti dal desiderio di Pompeo di diventare l’uomo dai pieni poteri. Dato che in politica vige il do ut des la carriera politica di Cicerone continuò, da edile a pretore, per quanto in quest’ultima veste, a causa del metodo di estrazione a sorte degli incarichi, venne chiamato a presiedere giudizi per il reato di concussione, la sezione tribunalizia meno prestigiosa.
Come romanzo storico è di piacevole lettura, grazie a un ritmo moderato pur in in presenza di eventi di inevitabile tensione; piuttosto devo dire dire che, data la lunghezza del periodo di riferimento (dal 78 al 63 a. C.) e la notevole varietà degli eventi, a volte si presenta un’alternanza di scrittura narrativa con un’altra che potremmo definire di sunto storico, ma si tratta di difetti di modesta entità perché l’autore riesce a dare a una visione ordinata del periodo di decadenza della repubblica e che sfocerà poi più avanti nella fine della stessa.
Imperium merita sicuramente di essere letto.

Macaroni - Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli

Che in poco tempo in un paesino dell´Appennino ci siano quattro morti sospette è già di per sé una serie di eventi insolita, ma che poi si tratti di omicidi ha addirittura dell´incredibile. Il maresciallo dei carabinieri Santovito, esiliato lì per uno sgarro che probabilmente aveva a che fare con il fascismo all´epoca al potere, brancola nel buio e l´unica ipotesi che gli sembra plausibile è che si tratti delitti collegati a opera di una sola persona. Peraltro trova non poche difficoltà nel corso delle indagini a causa di una certa omertà che vede gli abitanti del paese tacitamente uniti. C´è chi qualcosa sa, c´è chi certamente sa molto, come il parroco di un vicino paese, ma sta di fatto che nessuno vuole parlare. E´ questo silenzio, è questa diffidenza che soprattutto fanno andare in bestia il tutore della legge che si mette a fare la voce grossa, ma che soprattutto cerca di entrare nella psicologia degli abitanti, fra i quali ci sono una contessa che fa una vita ritirata, c´è una sua bella cameriera che fa girar la testa agli uomini e particolarmente all´appuntato dei carabinieri, c´è Bleblè il compagno del maresciallo al tavolo delle carte in osteria, insomma un campionario di varia umanità in cui troveremo due delle vittime, mentre le altre due, un parroco e il precedente maresciallo dei carabinieri, sono già cadaveri a inizio romanzo.
In realtà c´è qualcosa che sembra accomunare gli assassinati che per un motivo o per l´altro sono stati in Francia, dove i nostri emigranti (un tempo eravamo noi a cercare di scappare dalla miseria) erano chiamati dai locali Macaroni, anzi Macaronì, con l'accento sulla i.
Sarà un´indagine difficile, legata a un paio di fatti accaduti molti anni prima, tanto che per buona parte del libro ricorrono capitoli flashback, però molto ben inseriti, tanto che non danno fastidio e anzi si fanno apprezzare, però, come in ogni giallo che si rispetti, nella partita combattuta fra la legge e il colpevole questo finirà con il soccombere con una conclusione forse imprevedibile, ma perfettamente logica.
Con Macaronì abbiamo a che fare con un poliziesco che non scimmiotta le analoghe produzioni americane, ma che è strettamente legato al nostro paese, con ambientazione nostrana e protagonisti che sono schiettamente italiani. Non ci saranno scene di violenza, inseguimenti e sparatorie, ma l´atmosfera tesa di un paese che scopre dentro di sé un assassino e che pur tuttavia non vuole ammetterlo è resa in modo splendido.
E´ proprio per questo che la lettura, assai piacevole, è senz´altro consigliata.

Delitto impunito - Georges Simenon

Elie è uno studente lituano, molto povero, che studia matematica a Bruxelles e che vive in una pensione dove da tempo è instaurato un ordine chiuso e proprio per questo a maggior ragione gradito a lui che, brutto e goffo, non riesce ad accettare la sua condizione L´arrivo di un nuovo pensionato, Michel, rumeno ed ebreo come Elie, ma di eccellenti condizioni economiche, finisce con il turbare la realtà immobile, a spezzare l´apparente equilibrio di un individuo la cui povertà non è causa del suo malessere. E allora occorre ripristinare l´ordine precedente, ed Elie macchina, macchina finché arriva a una soluzione. Mi fermo qui, perché trattandosi di un noir andare avanti significherebbe privare il lettore del piacere della scoperta e di scoperte non ne mancano, con due clamorosi colpi di scena.

Simenon allestisce un romanzo in cui l´analisi psicologica dei personaggi è preponderante, tanto che che è solo grazie a essa che si possono comprendere le origini di certi comportamenti; in questo campo l´autore belga è indubbiamente assai bravo e così anche in Delitto impunito ci fornisce una visione approfondita di un personaggio complesso quale Elie che detesta quegli individui che hanno ciò che lui desidera possedere, ma che non ha, arrivando al punto di odiarli. Per il resto è un libro con una trama molto ben congegnata che si legge con grande piacere e che se non può definirsi un capolavoro, è pur tuttavia un´opera eccellente scritta nel periodo in cui il suo autore viveva negli Stati Uniti e infatti la seconda parte si svolge in quella nazione.

Imperatrix - Edgarda Ferri

Dopo aver letto questo libro occorre riconoscere a Edgarda Ferri un´ulteriore capacità e cioè quella di scrivere un´opera in presenza di notizie biografiche limitate. Sì, perché Flavia Giulia Elena, madre di Costantino, è un personaggio di cui non si sa molto, nel senso che le fonti sono poche e tutte legate alla figura del ben più noto figlio. Le origini, invece, sembrerebbero acclarate ed erano senz´altro umili, in quanto di professione stabularia, cioè locandiera dell´epoca, ma considerata, grazie anche ai buoni uffici della Chiesa cattolica, una buona donna, un´eccezione, vista la cattiva fama di chi svolgeva quel lavoro. Fu inoltre artefice del ritrovamento della Croce del Cristo durante un pellegrinaggio in Terra Santa e anche per questo venne santificata, fermo restando che il maggior pregio era l´aver messo al mondo colui che non solo agli inizi legittimò il diritto dei cristiani di professare liberamente la propria religione, ma che poi la consacrò religione ufficiale dello stato. Nell´impossibilità di scrivere un´accurata biografia, Edgarda Ferri ricorre, per introdurre l´argomento, a un artificio, alla scena di un pittore, Piero della Francesca intento a dipingere un affresco nella cappella del coro di San Francesco ad Arezzo mentre discute con un frate dell´oggetto dell´opera, il famoso polittico della leggenda della vera Croce, dove compaiono, fra altri, sia Costantino che Elena. Un po´ poco, si potrà dire, e non si sbaglierebbe, e allora Edgarda Ferri, nel mentre con le scarne notizie su Elena imbastisce un racconto, ricorre alle risultanze storiche per descrivere l´epoca, i protagonisti delle lotte intervenute dopo le dimissioni dell´imperatore Diocleziano nel contesto della tetrarchia in cui era stato diviso l´immenso impero romano, fra le quali non poteva mancare quella fra Costantino e Massenzio, da tutti ben conosciuta nella conclusione con la battaglia di Ponte Milvio e il famoso prodigio della Croce in cielo "in hoc signo vinces".
In questa coesistenza, che spesso si intreccia, fra romanzo storico e saggio storico si snoda il lavoro di Edgarda Ferri e riesce a interessare il lettore che se arrivato all´ultima pagina forse non ha appreso molto sulla figura di Elena, però di certo ha le idee un po´ più chiare del periodo confuso della tetrarchia.
Si potrà obiettare che Edgarda Ferri ha scritto di meglio, ed è vero, però con lo scarno materiale a disposizione ha fatto molto e questo è senz´altro il pregio che dobbiamo riconoscerle per questo libro.

La casa dei notabili - Amira Ghenim

Un romanzo ricco di eventi che si intersecano abilmente l'un l'altro. Uno stesso fatto viene presentato dal punto di vista di 11 personaggi ognuno dei quali si rivolge in prima persona ad un altro. Nel frattempo si dipana la loro storia personale che tiene incollati nella lettura. Amira Ghenim ha sapientemente illustrato fatti crudi alternandoli a credenze popolari con leggera ironia. Le tematiche sociali affrontate sono molte ma ben contestualizzate. C'è un unico personaggio realmente esistito, Taher al Haddad, al quale va il merito del cambiamento della situazione della donna in Tunisia.
È ben scritto ma soprattutto tradotto benissimo. La struttura della trama è complessa con salti temporali che possono sviare ma l'albero genealogico inserito all'inizio aiuta molto. La lettura è piacevole, la concentrazione rimane alta fino alla fine.

Malastagione - Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli

Un bracconiere sta in attesa della preda, un cinghiale commissionatogli dalla trattoria locale, ma quando questa arriva ed è a portata di un colpo sicuro, non riesce a premere il grilletto perché la bestiaccia ha in bocca qualcosa che si rivela essere un piede umano. Inizia così Malastagione, un romanzo giallo scritto da una coppia affiatata, e cioè il cantautore Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. E´ ambientato sull´Appennino emiliano, a Casedisopra, tutto attaccato, mentre esiste un Case di Sopra presso Castelnovo de´ Monti e nulla vieta che si tratti della stessa località. L´ambiente naturale e le stesse genti che lo abitano fanno da palcoscenico e attori di questa rappresentazione, in cui la fantasia non manca, ma senza eccessi, nel senso che la trama, ben congegnata, scorre sotto gli occhi lettore come un fiume tranquillo. Peraltro i due narratori sono capaci di avvincere senza angosciare il lettore, privilegiando a scene di violenza o truculente una cronaca nera che sembra smorzare le tensioni in un paesaggio montano rassicurante e perfino idilliaco. Il personaggio principale è il detective di turno, vale a dire l´ispettore della forestale Marco Gherardini, detto Poiana, capace di indagare con rigorosa logica; intorno a lui si affannano tanti altri attori, ognuno con caratteristiche ben definite, anche se la descrizione psicologica resta in superficie. Così si va dalla ragazza di città ribelle, Francesca Bordini, che instaura anche una storia amorosa con l´ispettore, al vecchio bracconiere Adumass, e non sto a elencarli tutti, per ovvi motivi di spazio. Come ogni giallo che si rispetti ci sono dei morti ammazzati e ovviamente chi ha commesso questi omicidi e che alla fine sarà assicurato alla giustizia. I due narratori sono bravi a confondere le acque, a far balenare una motivazione dei delitti che si rivelerà poi sbagliata, sostituita da un´altra di ineccepibile logica. Il piccolo mondo di paese, una comunità montana, l´Appennino con le sue basse cime, ma popolato da tanti animali sono tutti elementi che rientrano nel mio apprezzamento; anche la trama nel complesso mi ha soddisfatto, così come una certa ironia che affiora qua e là, una vera e propria chicca. Di certo non mi aspettavo qualcosa di particolarmente profondo, e così è stato; comunque per per trascorrere piacevolmente un po´ di tempo Malastagione è senz´altro adatto.

Il ghostwriter - Robert Harris

Ho già scritto in una precedente recensione che Robert Harris alterna romanzi veramente riusciti ad altri più modesti; è stato così per V2 e per Archangel, lavori indubbiamente di impegno, ma in cui l´autore non è riuscito a concretizzare in modo convincente la sua notevole creatività, complicando storie che, se fossero state più semplici, sarebbero riuscite senz´altro meglio.
E´ anche questo il caso di Il ghostwriter, nato da un´idea indubbiamente originale, con un ghostwriter che viene assunto con lo scopo di completare le memorie di Adam Lang, il premier inglese più longevo, ma anche più controverso dell´ultimo mezzo secolo. Purtroppo per scrivere deve sapere e per sapere deve fare domande, così che scopre parecchi segreti, molti di più di quelli che il politico vuole rivelare, segreti che devono rimanere tali per non alterare gli equilibri mondiali al punto che hanno il potere di uccidere.

E´ una vicenda che parte quasi in sordina, ma poi ha degli sviluppi imprevedibili che dovrebbero costituire l´attrazione di quello che a tutti gli effetti, fino all´ultima pagina, si rivela essere un thriller, con la partecipazione nell´ombra della CIA, impegnata a conservare l´egemonia mondiale degli Stati Uniti.
Il tema, quando la trama diventa più scottante ed enigmatica, assume caratteristiche di un qualcosa di non ben definito e lascia spazio a tante ipotesi in cui è facile perdersi; il romanzo presenta queste caratteristiche, che possono essere un pregio se condotte con mano sicura e invece un difetto se chi scrive non ha le idee ben chiare di quel che intende fare e soprattutto di come farlo. La stessa complessità la si trova anche nel film L´uomo nell´ombra tratto dal libro (regia di Roman Polanski e Orso d´Argento al Festival di Berlino), ma lì c´è la possibilità di vedere scene d´azione, magari ci si lascia attrarre da una suspense marcata che nell´opera cartacea non è ricreata con particolare abilità, proprio perché la vicenda è troppo complicata e, fra l´altro, ha dei passaggi che tendono un po´ a disorientare quando finalmente si è creduto di aver capito tutto. Insomma, per farla breve, pur considerando il romanzo meritevole di lettura come svago, posso concludere che Harris ha scritto di meglio. Quindi è inutile attendersi chissà che cosa, meglio accontentarsi di sapere che può far trascorrere un po´ di tempo alla ricerca di una soluzione del thriller che tuttavia non può essere considerata del tutto logica.

Dove vola la polvere - Nguyễn Phan Quễ Mai

Quanto mi aveva entusiasmato Le montagne che cantano, tanto mi ha deluso Dove vola la polvere. Intendiamoci, non è che questo libro sia scritto male, ma è che la trama e soprattutto il tocco di grazia del primo non sono riscontrabili nel secondo, con una storia più convenzionale e, soprattutto, con quel profumo d´oriente e di pulito che si è smarrito. Non è la prima volta che nella produzione letteraria di un autore a un´opera di rilevante livello ne segue una più modesta, per quanto ancora accettabile. Va dato atto alla narratrice che si è impegnata a parlare delle conseguenze di una guerra che non guardano in faccia nessuno, né il vincitore, né il vinto. Però se questo è un argomento particolarmente caro agli americani, il cui impegno in Vietnam è costato sangue e dolore, per non parlare delle nevrosi dei reduci, si è persa quell´atmosfera del primo libro; infatti lì la famiglia era al centro di tutto e non a caso esprimeva una filosofia con molta probabilità tipicamente orientale, in forza della quale una vita è possibile dopo la morte se si resta nel ricordo di qualcuno, il che fa apparire ciascun membro di una famiglia come un anello indissolubile di una lunga catena che è fatta di nascite e morti, ma che è anche una traccia evidente di quanto siamo stati, mai inutili e sempre necessari. Purtroppo, complice la trama, si è persa l´atmosfera, è venuto meno quel misticismo che è possibile raggiungere in unione con la natura e perfino lo stile, prima snello, ma non povero, ne ha risentito, con una scrittura più americana che asiatica.
Il libro si può senz´altro leggere, potrà anche piacere, ma l´inevitabile confronto con il precedente lo vede soccombente.

L'inferno di Treblinka - Vasilij Grossman

Vasilji Grossman durante la seconda guerra mondiale fu un corrispondente di grande popolarità, i cui reportage erano pubblicati sull´organo ufficiale dell´Armata Rossa Krasnaja zvezda (Stella rossa). Nell´ambito di questo incarico scrisse nell´autunno del 1944 L´inferno di Treblinka, subito dopo la liberazione del campo, grazie alle testimonianze dei pochissimi superstiti, degli abitanti del circondario e addirittura delle stesse guardie.
Treblinka era il vero e proprio campo della morte, in cui gli ignari ebrei entravano per essere pressoché immediatamente eliminati. In questo senso era una struttura perfetta, perché impostata come un ciclo produttivo, quello che oggi viene definito un macello o mattatoio, ma in cui vengono soppressi solo animali. Lì invece erano esseri umani, a cui con una diabolica perversione era paventata l´orribile fine gradualmente, facendo sorgere il sospetto passo dopo passo fino ad arrivare alla certezza degli ultimi metri. Percorrevano un viale senza ritorno, nudi, verso le camere a gas, ma lungo il percorso c´era chi si divertiva a usare altri metodi, come martellate sul cranio, o aizzando cani feroci che dilaniavano le carni.
Si inorridisce, ovviamente, perché si sa che non è un romanzo di fantasia, ma è la verità; ci si preoccupa anche perché Treblinka è il risultato di una politica dello sterminio nata in uno stato che avrebbe dovuto essere civile, che non avrebbe dovuto partorire simili aberranti idee, né mettere al suo servizio individui che nel commettere il crimine facevano emergere anche le loro folli inclinazioni, tendenze omicide che venivano incentivate, anziché essere condannate.
Sarebbe troppo comodo dare la colpa solo a Hitler, perché il dittatore senza il supporto di molti altri nulla avrebbe potuto fare e questi molti altri si erano costruiti una filosofia della superiorità che consentiva loro di considerare quelli diversi da loro delle bestie, quando invece le bestie erano quegli uomini che nel teorizzare una razza superiore dimostravano con i fatti tutta la loro enorme inferiorità.
A Treblinka venne eliminato un numero imprecisato, ma notevolissimo di uomini, donne, bambini, esseri umani accomunati dalla stessa religione.

Comunque, alcuni degli addetti alla bassa manovalanza, costretti a collaborare con le SS, certi che prima o poi sarebbero stati uccisi, decisero di ribellarsi, dando vita a un comitato che con un po´ di fortuna si procurò le armi dallo stesso deposito del campo e il 2 agosto del 1943 scoppiò la rivolta, che ebbe successo, anche se i ribelli, fuggiti nelle campagne circostanti, furono braccati ed uccisi, tranne un piccolo gruppo. Da allora Treblinka cessò di funzionare e si fece di tutto per cancellarla in modo che non rimanesse traccia, un´operazione impossibile, perché non si poteva costringere al silenzio chi era sopravvissuto. E poi, nonostante il ricorso ai forni crematori, troppi erano ancora i cadaveri sotto terra e bastava scavare, di qua e di là, per rendersi conto dell´orrendo scempio.
Grossman è bravo, e questo già lo si sapeva dagli altri suoi libri, ma in questo mette una partecipazione che è contagiosa, tanto che scorrono davanti agli occhi le immagini dell´orrore, un vero e proprio pugno nello stomaco che si contorce fino alla fine delle, per fortuna, solo 79 pagine.

Francesco e Isabella - Luca Sarzi Amadè

Che Francesco II Gonzaga e Isabella d´Este siano stati due personaggi di tutto rilievo nell´Italia del Rinascimento è ormai da tempo assodato e tutti gli storici sono concordi al riguardo, anche Luca Sarzi Amadè che ha dissertato di queste due eminenti figure con questo libro che a tratti potrebbe sembrare un romanzo storico, ma che per la completezza delle informazioni, gli approfondimenti assai frequenti ha più le caratteristiche di un saggio storico, scritto però con una scorrevolezza e una capacità di attrazione che è propria normalmente della narrativa. I due personaggi sono completamente diversi, lui

un uomo d´armi che ama anche la bellezza dell´arte, restando tuttavia in superficie, lei una gran dama, letterata, colta, conscia di essere in grado, nonostante il suo sesso, di essere la protagonista di un´epoca; ma la diversità in due figure che sono l´emblema di un´epoca fa sì che si integrino, così che lui si lascia consigliare da lei e lei supplisce al pragmatismo del marito con le sottigliezze di una politica consumata.
E´ grazie a Francesco e a Isabella se Mantova diventa una delle grandi capitali europee e non muore nei miasmi della palude di una pianura altresì gratificante di messi ubertose.
Luca Sarzi Amadè riesce a mettere bene in luce queste differenze che tuttavia non stridono, anzi diventano complementari per accrescere il prestigio del marchesato e per difendere la propria libertà in un´epoca in cui i grandi regni cercavano di divorare anche le piccole signorie, come appunto Mantova. Tuttavia la loro storia, per quanto ben descritta, non porterebbe a comprendere la loro importanza se non fosse inserita perfettamente in quel contesto storico, se non emergessero altre figure, direttamente o indirettamente collegate ai Gonzaga, e allora è un continuo susseguirsi di personaggi del tempo, fra i quali, solo per citarne alcuni, Leonardo, Raffaello, Mantegna, Ludovico Ariosto, Baldassarre Castiglione, tutte figure che escono dalle tenebre del passato e che illuminano con la loro luce i due protagonisti. E´ bravo l´autore, però a volte si lascia prendere la mano e fa cadere in un vortice di personaggi, beninteso tutti interessanti, ma che complicano un po´ la lettura, rischiando di perdere il filo. E´ l´unico appunto a un´opera la cui completezza è indubbiamente notevole e la cui lettura permette non solo di conoscere meglio Francesco e Isabella, ma anche di comprendere i meccanismi, il senso logico di quella grande epoca che è stata il Rinascimento.