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L'ananas no
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Cavina, Cristiano <1974->

L'ananas no

Bompiani, 2024

Abstract: Ogni carattere ha la sua pizza e ogni pizza il suo carattere: questa è una delle poche certezze di Manolo Moretti, ex sovrintendente della polizia penitenziaria e ora pizzaiolo del Gradisca di Galatea a Mare, in Romagna. Moretti ci mette poco a capire se chi ha di fronte è un tipo concreto da Prosciutto e funghi, un esagerato Doppio salame piccante o un raffinato Bufala con basilico. Ma nemmeno il suo principale Vittor Malpezzi - che, ironia della sorte, è un ex pregiudicato - potrà mai convincerlo a preparare una pizza con l'ananas sopra. Nonostante i battibecchi tra Moretti e Malpezzi a proposito di frutta tropicale, le cose in pizzeria procedono a gonfie vele fino a che, proprio la sera in cui la cameriera Channèl, appassionata di true crime, si è presa ferie, succede qualcosa di eccezionale: la morte fa capolino tra i tavolini del Gradisca e i carabinieri devono aprire un'indagine. Nell'aria dolce della Romagna di fine estate, un delitto ci sta proprio come l'ananas sulla pizza: è un corpo estraneo, inquietante, incomprensibile. Ma non è così per tutti: la Channèl, per esempio, è entusiasta di poter finalmente avere a che fare con un vero crimine. E per Moretti, che ha un passato pieno di segreti e una singolare incapacità di tenersi lontano dai guai, potrebbe essere l'occasione per ammettere che quello dietro il forno delle pizze è un nascondiglio da cui deve trovare il coraggio di uscire. L'ananas no è l'atto di nascita di un nuovo detective più che mai improbabile eppure carico della profonda umanità di chi maneggia ogni giorno la pasta di cui noi umani siamo fatti

Moderators: Valentina Tosi

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Dopo Fratelli nella notte, onde anche addivenire a un giudizio più compiuto di questo narratore, ho preferito cimentarmi con la sua ultima pubblicazione, L’ananas no, un giallo romagnolo che ne è anche il sottotitolo. Cercavo conferme e purtroppo non ne ho trovate, perché in questo romanzo, che si svolge soprattutto in una pizzeria, c’è tanta carne al fuoco, oltre all’intenzione di permearlo di uno spirito più ironico che comico. I tanti personaggi e anche la difficoltà di mantenere un atteggiamento lieve, ma non vuoto, secondo me dà luogo a una discontinuità che non può che nuocere, soprattutto quando la vicenda ha colori che tendono al giallo.
E qui entrano in gioco le doti naturali e le capacità acquisite nel tempo con studi ed esperienze, comunque appena accennate tanto che ne risulta un lavoro che parte con le migliori intenzioni, che poi vengono però puntualmente disattese. Fra l’altro lo stile dell’autore non mi piace, troppo ridondante, a volte tendente al cazzeggio e in ogni caso inferiore a quello che si aspetterebbe da un narratore che dovrebbe essere di lungo corso.

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